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Solo il 18% delle compagnie assicurative sa valorizzare i dati

Le compagnie assicurative non riescono ancora a sfruttare a pieno le potenzialità dei dati in loro possesso. Si ferma al 40% la quota di quelle che li utilizza per accedere a nuovi mercati, una quota appena superiore (43%) ha modernizzato e potenziato i propri algoritmi per la gestione del rischio, e solo il 18% riesce complessivamente a ottimizzare l’utilizzo dei dati per ottenere un vantaggio competitivo. È quanto emerge dal report di Capgemini Research Institute “The data-powered insurer: Unlocking the data premium at speed and scale”.

Eppure, sono anni che si ripete un mantra secondo cui le compagnie assicurative che dispongono di fonti di dati non tradizionali e in tempo reale, come quelli provenienti da dispositivi telematici, indossabili e dai social media, saranno più competitive, perchè riusciranno a soddisfare le crescenti aspettative dei clienti in termini di praticità, consulenze personalizzate e tariffe dinamiche. 

Oltre il 90% delle compagnie che sono riuscite a ottenere questo tipo di padronanza dei dati, definite dal report Insurance Data Master, ha riportato premi più alti, una migliore combined ratio e risultati più elevati in termini di Net Promoter Score rispetto alla metà dei peer. Queste società presentano tre differenze fondamentali rispetto alle altre: il 92% dispone di una governance centralizzata o di un organismo facilitatore, il 62% collabora con le Insurtech e il 97% ha creato API aperte che consentono alle terze parti di accedere ai loro dati.

Il report rileva che le compagnie assicurative utilizzano i dati per sviluppare nuove soluzioni, creare servizi a valore aggiunto per i clienti e ottenere insight esclusivi per comprendere i rischi e dare loro un prezzo. Grazie ai dati, oltre il 40% delle compagnie sta entrando in nuovi mercati, passando dalla protezione dai rischi alla prevenzione degli stessi, oltre a trasformare le ipotesi attuariali. Il 43% sta inoltre utilizzando i dati in real time per aggiornare i modelli attuariali, mentre circa un terzo si avvale dei dati per simulare nuovi rischi.

Molte compagnie stanno anche investendo su moderni algoritmi di rischio in grado di immagazzinare un’ampia gamma di fonti di dati e visualizzarli rapidamente quando c’è bisogno di prendere una decisione. Negli ultimi due anni circa il 43% delle compagnie assicurative ha modernizzato e aggiornato i propri algoritmi di rischio e, di conseguenza, quasi il 39% delle stesse può affermare che il proprio processo di risk selection e pricing sia basato su fatti e dati.

Solo il 18% delle compagnie assicurative però possiede capacità tecniche, cultura e pratiche in grado di supportare programmi data-driven che permettano di sfruttare al massimo il crescente volume di dati. Queste organizzazioni, definite Data Master, sono considerevolmente più grandi dei loro competitor, e la maggior parte ha un fatturato medio superiore ai 20 miliardi di dollari. 

Rispetto ai peer, i Data Master si distinguono in alcune aree chiave: in ambito assicurativo, quasi tutte le compagnie (97%) hanno sviluppato delle API per consentire a property esterne di accedere ai loro dati proprietari, rispetto a solo il 36% dei peer. Quasi il 90% di loro può inoltre connettere con facilità fonti esterne di dati con le piattaforme interne, creando uno scambio vantaggioso per entrambe le parti che si traduce in una risoluzione dei sinistri più rapida e accurata per il 39% degli intervistati.