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La digitalizzazione del B2B accelera e si prepara alla vera “innovazione”

Il tessuto industriale italiano, negli ultimi anni, ha visto nelle associazioni di filiera e nella normativa il supporto e la spinta necessari per l’implementazione di progetti di digitalizzazione nelle imprese. La pandemia ha indubbiamente allargato il divario tra le aziende “digitali”, reattive ai cambiamenti, e quelle “non digitali”, che invece faticano a garantire la continuità operativa delle proprie attività. D’altra parte, è stato dimostrato che le prime sono riuscite a fronteggiare le conseguenze dell’emergenza pandemica in modo migliore. L’Osservatorio Digital B2B del Politecnico di Milano ha condotto un’analisi su quanto avvenuto nel comparto nel corso dell’ultimo anno.   

Il 2020 è stato un anno indubbiamente particolare per le imprese italiane. La pandemia ha rallentato – e in alcuni casi bloccato – le attività di interi settori. Dei 5 milioni di partite IVA che compongono il tessuto economico italiano, il fatturato totale B2b ha raggiunto poco più di 2.500 miliardi di euro (registrando una riduzione dell’8% rispetto al 2019), di cui 2.070 miliardi riconducibili allo scambio tra privati in Italia, mentre 434 miliardi alle transazioni verso le imprese estere. L’eCommerce B2b, ossia il valore degli ordini scambiati tramite strumenti digitali tra i soggetti residenti sul territorio italiano, nel 2020 ha raggiunto i 406 miliardi di euro.  

L’Osservatorio del Politecnico riporta come quasi la metà delle imprese italiane (49%) dichiara che la pandemia ha dato un forte impulso all’attivazione di progetti di digitalizzazione dei processi B2b. Il dato, anche se non soddisfacente – visto che il contraltare è un 51% di aziende che stenta a implementare progetti digitali – è in crescita rispetto agli anni precedenti. 

Più nello specifico, il 24% delle imprese durante i mesi della pandemia ha investito in soluzioni digitali per l’integrazione e la collaborazione di filiera, come strumenti per la gestione della firma digitale (33%), per la digitalizzazione dei processi interni (30%), per la conservazione dei documenti (26%) e per la digitalizzazione del processo di pagamento (20%). Sono questi, del resto, i principali tool che potevano permettere alle imprese di mantenere la continuità operativa delle attività amministrativo-contabili con il personale quasi interamente da remoto. Poco percepita, invece, l’esigenza verso l’introduzione di strumenti di Supply Chain Finance per la gestione del credito di filiera (11%) e di supporto al processo d’acquisto (11%), che richiedono una revisione importante di diverse attività aziendali prima di poter essere introdotti con successo e che, quindi, erano poco adatti a essere implementati in una situazione emergenziale.

Più in generale, le soluzioni di digitalizzazioni più adottate dalle imprese nel 2020 sono state l’introduzione di firme digitali (39%), di strumenti per lo scambio di documenti elettronici (32%), di software a supporto dei processi interni (29%) e di tool per la conservazione digitale (19%). Meno implementate invece tecnologie innovative come blockchain e artificial intelligence (6%) e strumenti per l’automazione dei processi (5%). Proprio su questi ambiti più evoluti si concentreranno però gli investimenti previsti dalle aziende entro il 2022. Il 39% ha dichiarato di voler introdurre entro i prossimi 2 anni strumenti digitali a supporto dei processi B2b. Di queste, il 42% vuole investire in strumenti per l’automazione dei processi, il 36% sulle tecnologie innovative e il 34% su strumenti per il monitoraggio della supply chain, come la Control Tower.

Le principali motivazioni che spingono le aziende a voler intraprendere un percorso di trasformazionale digitale – senza sostanziali differenze tra grandi aziende e PMI – risiedono nella possibilità di snellire i processi interni e di interfaccia (82% delle grandi imprese e 66% delle PMI), di migliorare le comunicazioni con clienti e fornitori (72% e 60%), di diminuire i costi interni (60% e 55%) e di aumentare la competitività sul mercato (47% e 39%).

Molto differenti, invece, le motivazioni che hanno portano le imprese a decidere di non investire in progetti di digitalizzazione dei processi B2b durante il 2020. Per le PMI è ancora forte il problema culturale: il 60% di esse afferma di non vedere il beneficio dell’introduzione di tali soluzioni per la propria organizzazione. Le grandi aziende, invece, pur vedendone il beneficio, hanno dovuto concentrare le proprie risorse nella gestione delle attività correnti (37%) o delle perdite di fatturato (33%).

Seppure molte aziende facciano ancora fatica ad affrontare il ”salto culturale” nell’approcciarsi ai nuovi sistemi digitali rispetto a quelli tradizionali, è opportuno e necessario formare i dipendenti con dei corsi ad hoc per far sì che questi posseggano le skills adatte. Sicuramente il cammino verso la trasformazione digitale è in salita. Ma è necessario che il salto avvenga davvero. Gli obblighi normativi hanno dimostrato che le imprese possono farcela (un esempio su tutti la fatturazione elettronica tra privati) e la situazione di emergenza ci ha insegnato che è grazie al digitale che le aziende possono resistere e rimanere competitive nel mercato.