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Imprese italiane e cambi di proprietà: l'analisi

I passaggi di proprietà delle aziende rientrano nelle normali dinamiche di un’economia, ma in alcuni casi, specialmente in periodi di crisi, possono nascondere interessi criminosi. La pandemia e le sue conseguenze economiche hanno messo a dura prova la sopravvivenza di molte imprese italiane, soprattutto quelle di dimensioni minori, meno semplici da monitorare, e ciò ha costituito un’opportunità per la criminalità organizzata per investire in queste aziende in difficoltà i propri capitali illeciti, con l’obiettivo di riciclarli ed espandere le proprie fonti di potere e di profitto. 


Il Ministero dell’Interno e la Banca d’Italia nei mesi passati hanno segnalato a più riprese questa situazione, sottolineando la necessità di monitorare con attenzione i cambi di proprietà delle imprese per identificare eventuali anomalie e fattori di rischio, probabili segnali di situazioni sospette di riciclaggio e infiltrazione criminale. Il premier Mario Draghi, nel suo discorso in Senato del 17 Febbraio (Governo Italiano e Presidenza del Consiglio dei Ministri 2021) ha parlato della presenza di rischi di ”possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia a seguito della crisi di liquidità che sta interessando diversi settori”, sottolineando la necessità di “rendere più incisive le verifiche sui cambi societari intervenuti nelle attività economiche maggiormente a rischio di infiltrazioni malavitose, specie gli esercizi commerciali e il settore turistico alberghiero”. Con una comunicazione dell’11 febbraio 2021 (Banca d’Italia 2021), anche l’Unità di Informazione Finanziaria di Banca d’Italia ha ribadito ai soggetti obbligati antiriciclaggio di prestare particolare attenzione ai comportamenti anomali connessi ai fenomeni di riciclaggio che possono emergere a fronte dell’emergenza sanitaria.


Transcrime, laboratorio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e Bureau Van Dijk, società d’analisi di Moody’s, hanno condotto un’analisi per approfondire il tema dei cambi di proprietà delle imprese italiane nel periodo pandemico, nello specifico fra aprile e settembre 2020. 


Nel periodo considerato 43.688 aziende Italiane (l’1,2% del totale) hanno registrato un cambio di titolare effettivo. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente si registra un calo quasi del 40%, generalizzato in tutto il paese e in linea con quanto si è osservato a livello globale come conseguenza del calo di fusioni e acquisizioni e della costituzione di nuove imprese. I settori più interessati dal fenomeno, in valore assoluto, sono quello del commercio e quello manifatturiero. In termini relativi (% sulle imprese registrate), il settore della fornitura di energia elettrica e gas (3,4%), quello estrattivo (1,7%) e le attività legate a trattamento e smaltimento dei rifiuti (1,7%). In totale, il numero dei nuovi titolari effettivi registrati è 70.215, di cui il 7% è straniero. Tra essi prevalgono spagnoli e britannici, mentre se si considerano le nazionalità degli azionisti intermedi emergono soprattutto Regno Unito e Germania.


Sebbene i numeri non sembrino indicare variazioni rilevanti, l’analisi ha fatto emergere alcune anomalie che richiederebbero un approfondimento, perché potrebbero segnalare situazioni ad alto rischio riciclaggio o criminalità organizzata. In particolare:


•    Legami con giurisdizioni a rischio: nell’1,3% dei cambi di proprietà i soci o titolari effettivi provengono da paesi inclusi in una blacklist o greylist (in ambito antiriciclaggio o fiscale). Si tratta di un valore cinque volte superiore alla media degli anni precedenti. La maggior parte dei titolari effettivi sono albanesi (29,2%), australiani (22,6%) o pakistani (20,1%). Per gli azionisti intermedi, invece, le isole Cayman spiccano come giurisdizione più ricorrente (50%).


•    Opacità societaria: nelle aziende del campione, il numero di trust, fiduciarie, fondazioni, fondi di investimento o altre forme societarie che non permettono di risalire ad un individuo con titolarità effettiva è oltre 10 volte superiore a quanto si osserva in media per le aziende Italiane.


•    Persone Politicamente Esposte (PEP): in totale, fra i nuovi titolari effettivi si osservano 1.120 PEP, cioè l’1,5% del totale.


•    Titolari effettivi da aree ad alta incidenza mafiosa: in più di un terzo delle province italiane, la percentuale di nuovi titolari effettivi provenienti da comuni ad alto rischio di presenza mafiosa è maggiore del valore medio osservato prima della pandemia.


L’acquisizione della titolarità di imprese in difficoltà, o attive in settori resi attraenti dall’economia post-pandemica, come la logistica, il settore sanitario o delle pulizie/sanificazioni, è comunque solo uno dei possibili canali di infiltrazione di attori criminali nell’economia. Fra gli altri, la ricerca cita la costituzione di nuove società, il finanziamento attraverso modalità occulte, l’utilizzo di patti parasociali e commissori per condizionare la proprietà e il management, l’ottenimento, in maniera fraudolenta, di sussidi pubblici e altre forme di sostegno erogate a livello nazionale e regionale.  


Con l’introduzione di programmi per la ripresa economica a livello nazionale ed europeo (come il NextGenerationEU e il PNRR), le reti criminali cercheranno ulteriori opportunità per sfruttare anche le risorse pubbliche, attraverso l’uso simultaneo di corruzione, frode, manipolazioni contabili e appropriazione indebita di fondi pubblici. Sarà quindi necessario analizzare con attenzione le potenziali irregolarità e condotte illecite nelle procedure di appalto per accedere ai fondi stanziati a livello nazionale ed europeo. Ulteriori sforzi di ricerca dovranno poi essere fatti per comprendere non solo chi sono i nuovi proprietari delle aziende italiane, ma anche come esercitano il controllo, al fine di individuare le società a maggior rischio di essere utilizzate per coprire schemi illeciti e criminalità finanziaria e di rivelare nuovi schemi di acquisizione e condizionamento delle imprese. Sarà importante sviluppare nuovi indicatori di rischio per misurare l’opacità delle strutture societarie, e approfondire le cause determinanti per la presenza degli hot-spot osservati.